A Como c’è il lago, e questa non è una novità, ma soprattutto c’è la figlia grande, che ormai vive lì con la famiglia: un marito, quattro figli, un cane. Ovvio che la madre – che poi sarebbe mia moglie – abbia voglia di andarla a trovare. E la figlia di mezzo, anche. Da quando me ne sono andato, decidono loro che cosa fare, ma io le tengo d’occhio.
E potrei accompagnarle. Non credo di dover chiedere permessi speciali, ho anche voglia di rivedere i nipoti, non li ho più visti dal mio funerale. Che bello: c’erano tutti!
A Como mi è sempre piaciuto andarci. La prima volta avevamo dovuto sistemarci in un campeggio perché l’appartamento dove abitavano allora figlia e genero, era talmente piccolo che se entravamo anche noi, uno doveva uscire sul balconcino. La carrozzella prendeva tutto il posto. La nipotina era bellissima, ma piangeva tantissimo. Piangeva anche qualche anno dopo, quando nostra figlia ce l’affidava per accompagnarla al nido.
Accartocciata sul passeggino, urlava parole incomprensibili, tra lacrime e singhiozzi laceranti, mentre sua nonna, altrettanto angosciata, spingeva il passeggino a velocità pazzesca, nella vana illusione di evitare gli sguardi inorriditi dei passanti. Io, ipocritamente, fingevo che la bambina isterica e la pazza che guidava il mezzo, non fossero con me. Raggiunto il nido, mentre noi ci affannavamo a liberarla dalle cinture del passeggino, ingarbugliate dai suoi inconsulti movimenti, la nostra imprevedibile nipotina, smetteva improvvisamente di piangere, sganciava lei stessa le cinture e, rivolgendoci il più smagliante dei sorrisi, tendeva le braccine grassoccie verso di me per invitarmi a farla scendere.
Non so se quella bambina faccia ancora capricci, certo non più in strade affollate. Ora guida lei una Swift, ha una laurea, un ufficio tutto suo, un marito…
Suo fratello, il secondo, anche lui non andava volentieri né al nido né all’asilo. Ma era sostanzialmente più remissivo e svampito e accompagnarlo creava meno problemi. Tuttavia, un giorno in cui era stata la zia – con scarso senso dell’orientamento – ad accompagnarlo, lui l’aveva convinta a fare una strada diversa e poi né l’uno né l’altra, erano più stati capaci a trovare quella giusta. Quel giorno niente asilo.
La terza nipote era rassegnata: doveva andarci anche lei.
– Ma prima devo sfisfemare quefsti bambini!
I bambini erano i bavaglioli lavati, stirati e accuratamente ordinati dalla madre in un cassetto. Messi in cerchio sul pavimento, i poveri bavaglioli si sentivano aspramente rimproverare da una maestra indignata per il loro comportamento.
– Non fsi fspinge i compagni, non fsi corre nei corridoi, in classe fsi fsta fseduti nei banchi!
Compunta, col suo ciuccio incollato tra i denti, la maestra dava pacche di disappunto agli ignari tovaglioli, li spostava trasformando il cerchio in file ordinate, strisciandoli sul pavimento, sempre col viso agrottato.
– Camilla, è ora di andare…
– Ma non vedi che sto lavorando, che quefsti bambini devono ancora capire come fsi fsta in classe?
Il ciuccio oscillava pericolosamente finché un sorriso compariva lentamente dietro i dentini stretti.
– Va bene, adefsso pofssiamo andare-
Zampettava fiduciosa verso la scuola materna sempre masticando il ciuccio. Davanti all’aula era costretta a riporlo in tasca, ma sospirando si concedeva “l’ultima ciucciatina” ed entrava, fiera come un condannato dopo la sua ultima sigaretta.
Il quarto nipote andava all’asilo di Civiglio, una frazioncina di Como, per raggiungere la quale bisognava inerpicarsi su una stretta strada in salita.
Era bello fare l’ultimo tratto a piedi, con lui che raccoglieva rametti sul ciglio del viottolo, cinguettando allegro.
– Ma quando faccio di nuovo il Re Magio nella recita – diceva – porto questo bastone a Gesù così lui fa scappare le guardie cattive!
C’era un po’ di confusione tra Natale e Pasqua.
Però, quando si ritrovava nella palestra, la manina che tenevo allacciata alla mia, si faceva più stretta e una vocina tremula chiedeva
– Nonno, vieni ancora a dirmi ciao quando ti guardo dalla finestra?
E io uscivo col groppo in gola, per fermarmi a fare ciao sotto la finestra.
Ma avevo un gran voglia di rientrare e di riportarlo con me a raccogliere rametti per difendere Gesù.
Mentre mi commuovo tra i ricordi, loro si sono prese il caffè e si preparano a caricare i bagagli. Poca razionalità. D’altronde la razionalità non è né della madre, né della figlia.
Va bene lo stesso, un tempo brontolavo molto di più, ma ora ho imparato a sorridere di ogni cosa. Mi sistemo qui dietro e provo a sorvegliare la strada. Via, si parte! Come un tempo. Come sempre.